Presentata in anteprima mondiale allo scorso Festival di Cannes, uscita nelle sale italiane in due parti quest’estate, “l’Arte della Gioia” è la nuova serie targata Sky diretta da Valeria Golino e giunta a partire da venerdì 28 febbraio su Sky e in streaming solo su Now. Per il lancio della miniserie, lunedì 24 febbraio si è tenuta la conferenza stampa presso il Cinema Barberini, mediata dalla giornalista Eva Carducci.
La trama
Costituita da sei episodi, la miniserie è ambientata nella Sicilia rurale di inizio ‘900 e racconta la storia di Modesta (Tecla Insolia), orfana prima accolta in un convento e istruita dalla Madre Superiora Leonora (Jasmine Trinca), poi nella dimora regale della principessa Gaia Brandiforti (Valeria Bruni Tedeschi) dove farà diversi incontri. Tra questi, conoscerà Beatrice, la più giovane della famiglia Brandiforti (Alma Noce), Carmine, incaricato di gestire le terre della villa (Guido Caprino) e Rocco, l’autista della famiglia (Giuseppe Spata). Modesta, passo dopo passo, scoprirà sempre di più la propria sessualità, il desiderio di una vita migliore e, guidata da un temperamento deciso, riuscirà ad affrontare ogni ostacolo, mai vinta, spingendosi oltre quel limite di convenzione e moralità che la società dell’epoca vorrebbe imporle (e imporre).
Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi
Per chi non lo sapesse, la miniserie è adattata a partire dall’omonimo romanzo postumo di Goliarda Sapienza, autrice siciliana del ‘900, che lo scrisse tra il 1967 e il 1976. Di fatto, l’aspetto che colpisce di più del libro è la sua pubblicazione postuma: la prima parte fu pubblicata nel 1994 da Stampa Alternativa, la successiva nel 1998 in pochissimi esemplari. Fu solo dopo il successo francese e tedesco che il romanzo viene ufficialmente pubblicato in Italia da un grande editore: Einaudi. Perciò, viene domandato a Valeria Golino quanto fosse importante portare questa storia sul grande schermo e quanto la serie parli di censura e al tempo stesso della libertà di poter seguire le proprie passioni.
L’attrice e regista napoletana afferma quanto più che importante fosse spaventoso, proprio perché inizialmente si voleva fare un film, ma non arrivando a un buon risultato si optò per una miniserie: non si parla solo della disobbedienza di questo personaggio, Modesta, ma è anche disobbedienza letteraria e dei contenuti di Goliarda Sapienza. “Ho imparato tantissime cose facendola più che sapendola fare già da prima. Ho fatto da cavia, il libro ha fatto da cavia a ognuno di noi e ci abbiamo messo tutta l’attenzione e la passione possibile”.
Interviene Valeria Bruni Tedeschi, che approfondisce il problema scaturito dalla miniserie. All’inizio, il libro in Italia non è uscito, c’è stata una censura perché questo libro è molto libero e insolente dice l’interprete, elogiando poi la libertà editoriale e culturale francese. Tuttavia, a seguito della trasposizione cinematografica, seguendo sempre questo destino strano della libertà e di quanto faccia paura, in Italia è accolto, invece che in Francia, “paese in questo momento molto moralista in maniera profondamente pericolosa” secondo l’attrice.
Inoltre, sostiene come in Francia non abbia spaventato solo l’erotismo e la scabrosità, ma il fatto che questo film ha il coraggio e la bellezza di raccontare l’umanità nella sua complessità e questo in Italia è ancora possibile. Di fatto, tutti i personaggi del film hanno una loro complessità, non sono mai giudicati e sono guardati come esseri umani. Il suo personaggio ha tante cose insieme: cattiva e tenera, vecchia e giovane “e questo per un attore/attrice è l’aspetto più bello in cui ci si può immergere”, conclude la Tedeschi.
Un’opera corale
Valeria Golino fu la prima scelta per ideare questo piccolo gioiellino. A partire da Viola Prestieri, produttrice per HP Film, che rivela come si appassionò subito al romanzo e che Goliarda Sapienza fu la sua insegnante al centro sperimentale. Non può però fare a meno di riflettere sul fatto che la scabrosità che si sta sviluppando intorno a questo romanzo non sarebbe risultata tale se al posto di Modesta ci fosse stato Modesto. A supportare la scelta unanime per Valeria è Emanuele Marchesi, Head of Content Development at Sky Studios Italia, che afferma come le storie che cercano di raccontare nelle loro serie devono avere una visione: “quindi, quando tanto tempo fa era arrivato sul nostro tavolo una proposta di serie, non era solo l’Arte della Gioia, non era solo Goliarda Sapienza: era l’Arte della Gioia vista da Valeria Golino”. Di fatto, è la sua visione che ha reso possibile farla diventare una serie televisiva e un racconto appassionante, molto potente. Com’è giusto che sia, Valeria Golino prende parola ed esprime quanto effettivamente sia stato un lavoro collettivo (come sempre il cinema), ma specialmente in questo caso: l’importanza dei collaboratori, dell’insieme. “È come se avessi filtrato questo talento di proposte e sorprese e tutti poi abbiamo creato quella che è l’idea unica, un imbuto che esce e che è veramente l’arte della gioia del nostro lavoro”. Questo è ciò che resterà nel cuore della regista: l’importanza dell’altro, del senso organico.
Parola agli interpreti
La nostra protagonista è interpretata dalla giovanissima Tecla Insolia. Del suo vissuto ha portato un tratto cardine degli adolescenti: l’incoscienza. Aveva però la consapevolezza di trovarsi in un ambiente creativamente stimolante: “ricordiamo il periodo delle riprese come una bolla temporale in cui poteva succedere di tutto e noi eravamo liberi di fare qualsiasi cosa, sapendo però di avere il filtro dello sguardo di Valeria che in tutti i modi rifiuta la volgarità” dice la giovane interprete. La serie ormai è stata conclusa due anni fa, in un periodo in cui ci avvicinavamo alla fine dell’emergenza pandemica.
Madre Superiora Leonora vede il volto di Jasmine Trinca. “Il tuo personaggio è un faro per Modesta perché gli dà l’arma più importante, quella della conoscenza” dice Eva Carducci. L’interprete romana specifica come non sia una sete di conoscenza fine a sé stessa, ma è una conoscenza che passa dall’esperienza, quindi dalla vita. Lei in qualche modo consegna la libertà a Modesta, dicendole “tu non appartieni a questo mondo”, perciò allude al fatto che deve ritornare nel mondo perché soltanto con questa fame maleducata che Modesta ha, soltanto così arriverà a una forma di conoscenza e se non sarà conoscenza, almeno sarà gioia. “Per me, importante è come Valeria racconta il desiderio femminile, come racconta il corpo che viene attraversato e che subisce, affermandosi con sete anche feroce e gioiosa. Come filma il sesso Valeria non è mai compiaciuto, ma compiacere” commenta Trinca.
Arriviamo all’ultimo interprete maschile: Carmine, reso sullo schermo da Guido Caprino. Un personaggio che incarna l’amore e, a proposito di ciò, Eva Carducci domanda all’attore come il personaggio racconta l’amore che in questo caso è diverso dal desiderio, e soprattutto come racconta il patriarcato e quali traguardi dobbiamo ancora raggiungere rispetto a 100 anni fa.
“Faccio fatica a giudicare, chiaramente si parla di patriarcato: era una società basata sul patriarcato dove però le donne avevano un potere decisionale non così scontato. Ho difficoltà di giudicare il personaggio di Carmine che rappresenta il maschio in tutti i suoi aspetti, ma mai scade nei cliché e non è intenzione del racconto: c’è una sorta di libertà che accomuna tutti i personaggi da parte di Goliarda, nel descriverli; quindi, ho difficoltà a parlare di patriarcato in senso assoluto verso Carmine. È un personaggio a cavallo tra l’epico e il moderno”. Inoltre, sempre in relazione a questo personaggio, una difficoltà riscontrata nella trasposizione dal romanzo al suo adattamento in un linguaggio più moderno e contemporaneo risiede proprio nel riconoscere immediatamente Modesta da parte di Carmine, a differenza degli altri che vedono il suo travestimento. Accanto a questo, altra difficoltà fu un elemento imprescindibile che intercetta il contemporaneo: la amoralità: “a Valeria piacciono i personaggi che non sono immorali nel senso che vanno contro la morale, ma che si costruiscono la morale: partono da una amoralità e la costruiscono” affermano le sceneggiatrici Valia Santella e Francesca Marciano.
Il cinema: c’è un limite che non deve superare?
Nella miniserie viene trattato molto il desiderio di potere, ma anche quello sensuale che è poi l’autoaffermazione di Modesta. Su questo aspetto, gli sceneggiatori Luca Infascelli e Stefano Sardo riflettono sul problema che il cinema giorno dopo giorno è chiamato ad affrontare: quanto può e deve spingersi oltre, in accordo con la sensibilità dello spettatore per non turbarlo?
“Questo aspetto è contrario dell’arte, della narrativa nella paura di quel che si sta raccontando: ciò che ha questa storia di forte è l’idea che chi è libero va avanti, nell’assenza di preoccupazione dei giudizi, che è un tratto del personaggio di Modesta, non perdendo una sorta di purezza. Interessante come procede il discorso, perché si ragiona su come le nostre pulsioni non debbano essere educate e se pensiamo che debbano esserlo, si finisce di raccontare una storia: “l’unica cosa che hanno le persone che raccontano sono le cose che mettono in imbarazzo, se diciamo le cose educate siamo tutti uguali. Le cose che ci mettono in imbarazzo agli occhi degli altri sono le uniche verità che abbiamo noi da dire e penso che in un’epoca in cui ci avviciniamo a pensare che i racconti si generano da soli, l’esperienza degli imbarazzi umani è l’unica cosa che ci resterà da dire”.
Questa è una miniserie che emana freschezza, rompendo con l’ordinario: vive di emozioni forti, ma soprattutto è una serie che chiama in causa la nostra morale e l’importanza data alle convenzioni sociali. Pier Paolo Pasolini sul fare cinema “per il piacere di scandalizzare”: compito dell’artista è superare una certa soglia, aspetto vicino ai discorsi che ha fatto la troupe sul come disegnare il personaggio, mantenendosi sempre liberi. Ma forse in Francia non l’hanno capito, o hanno paura di capirlo, come affermano gli stessi sceneggiatori.